L’impiego di nitriti e nitrati è molto diffuso nella produzione di carne, salumi, formaggi e prodotti particolarmente deperibili, nei quali vengono aggiunti con l’obiettivo di impedire lo sviluppo e la proliferazione di microrganismi nocivi per la salute umana, in particolar modo il C. Botulinum. Ad ogni modo, nitriti e nitrati non si limitano ad essere soltanto dei deterrenti della proliferazione microbica, in quanto svolgono un ruolo tecnologico molto importante, sfruttato soprattutto dalle industrie di produzione e lavorazione di salumi, nei quali contribuiscono a stabilizzare la colorazione rossa tipica dei tessuti e migliorano il sapore. In particolare, il nitrato funge da precursore del nitrito, a partire dal quale viene ridotto per azione batterica. D’altra parte il nitrito, a seguito di una reazione chimica nota come dismutazione acida, viene convertito in monossido di azoto, il quale lega un pigmento naturalmente presente nel muscolo, la mioglobina, determinandone di fatto la conversione in nitrosomioglobina. La caratteristica di questo pigmento è rappresentata dal fatto che presenta una colorazione stabile nel tempo, poiché non è suscettibile al processo di ossidazione, a cui andrebbe naturalmente incontro la mioglobina durante la conservazione di un prodotto carneo privo di tali additivi.
Origine di nitriti e nitrati: presenza in natura
I nitrati si possono naturalmente trovare in alcune varietà di verdure a foglia e potenzialmente anche nell’acqua potabile. La loro presenza accidentale negli alimenti può essere dovuta a contaminazioni ambientali (ad esempio delle acque impiegate negli allevamenti di animali da reddito).
Pericoli per la salute
Il principale pericolo legato all’assunzione di questi additivi è dovuto alla loro capacità di formare composti noti come nitrosammine, tra i quali se ne possono riscontrare alcuni dichiarati cancerogeni dall’EFSA (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare). Questo accade perché i prodotti carnei processati ai quali sono stati aggiunti tali additivi, durante la stagionatura vanno incontro a proteolisi, determinando la formazione di gruppi amminici in grado di legare i nitriti e i nitrati aggiunti, con la conseguente formazione dei composti cancerogeni pericolosi per il consumatore.
Come riconoscerli in etichetta
La presenza di queste sostanze negli alimenti deve essere obbligatoriamente specificata sulle etichette che identificano il prodotto sin dalla sua confezione esterna. Se si legge l’etichetta di un prodotto contenente nitriti e nitrati, questi potranno essere riconosciuti dalle sigle E249–E250 (per i nitriti) ed E251–E252 (per i nitrati).
Rischi valutati dalla Commissione Europea e nuova normativa
La DGA (dose giornaliera ammissibile) attualmente imposta dalla legge per i nitrati è di 3,7 milligrammi per kg di peso corporeo al giorno, mentre per quanto concerne i nitriti la DGA è di 0,07 milligrammi per kg di peso corporeo al giorno. Questi limiti, secondo gli esperti sono sufficienti a garantire la sicurezza degli alimenti che li contengono al consumatore. Tuttavia, se vengono prese in esame tutte le fonti di nitrato (additivi alimentari, presenza in natura in alcuni alimenti e contaminanti ambientali), la DGA potrebbe essere facilmente superata. È proprio per questo che l’EFSA ha adottato il Regolamento (UE) 2023/2018, con l’obiettivo di diminuire del 20% circa il limite legato all’impiego di questi additivi. Questi limiti dovranno essere recepiti e resi operativi dalle aziende alimentarti entro i prossimi due anni. Per l’EFSA l’applicazione di queste misure rappresenta un passo importante nella lotta contro il cancro e per garantire la sicurezza alimentare a tutta la comunità europea.